LA RIFORMA DEL PENSIERO

di Chiara Bitella

«Mi piacerebbe davvero proseguire la mia educazione puramente umana, ma il sapere non ci rende né migliori, né più felici. Ah, se fossimo capaci di capire la coerenza di tutte le cose! Ma l’inizio e la fine di tutte le scienze non sono forse avvolti nell’oscurità?».

Il poeta tedesco Heinrich von Kleist ha proprio ragione nell’affermare che il sapere di più, il possedere maggiori informazioni, seppure utile non ci rende felici e a volte può portarci fuori strada; esiste un divario molto ampio tra i nostri saperi che sono frazionati, circoscritti e la realtà che ci circonda con la sua natura multidimensionale e polivalente. Un sapere specializzato è fondamentale e limitato allo stesso tempo perché impedisce di vedere la situazione nella sua globalità e l’essenziale si dissolve sempre di più. La nostra intelligenza ha necessità di categorizzare gli oggetti per capirli, studiarli e assimilarli, ma se la mente non si abitua a pensare il multidimensionale, ossia i problemi considerati da più punti di vista, diventa cieca, e non arriva a soluzioni appropriate.

Fin da bambini ci è stato insegnato a ridurre ogni forma di complessità al semplice, ad eliminare le contraddizioni del pensiero. Pertanto il pensiero stesso è abituato a tagliare, ad isolare. In parte ciò ha permesso agli esperti dei vari campi del sapere di raggiungere dei risultati eccellenti a discapito però della capacità che ha il pensiero di integrare le conoscenze e di contestualizzarle. Morin definisce conoscenza pertinente, quella conoscenza «capace di collocare ogni informazione nel proprio contesto e se possibile nell’insieme in cui si iscrive»  nonostante il numero delle conoscenze stia aumentando e le informazioni che le contengono siano sempre più difficili da gestire. La sfida vera consiste nel riuscire ad integrare le conoscenze per indirizzare le nostre vite e nutrire i nostri pensieri.

Da queste premesse nasce la Riforma dell’Insegnamento, secondo cui la finalità della scuola è insegnare a ripensare il pensiero, mettendo in dubbio le nostre attuali conoscenze. Gli insegnanti non devono comunicare solo certezze, ma devono insegnare la riflessività, l’esercizio del dubbio e il mettere in discussione ogni disciplina. In tal modo l’insegnamento contribuisce alla creazione di una “testa ben fatta”, una testa che organizza la conoscenza, evita l’accumulo di informazioni e che privilegia la connessione delle conoscenze.

[…continua nel numero di giugno 2021]