LINGUAGGI PSICOTICI: IL CORPO PSICOTICO IN TERAPIA

di Giuseppe Capone

Al clinico che si confronta con una persona che soffre di una psicosi grave, come può essere una schizofrenia, all’ascolto delle risposte del paziente può sembrare che le immagini riferite alle esperienze psichiche o corporee sorgano apparentemente in modo naturale durante la relazione terapeutica, eppure ci si trova spesso come tuffati nell’oceano dell’incomprensibile mondo psicotico dove abitano metafore, simbolismi e pensieri disorganizzati.

Il flusso del dialogo il più delle volte non si riesce a raccoglierlo ed afferrarne il senso, in quell’istante alcuni clinici avanzano l’idea che essere lì presenti e riprendere il discorso dalla parola pronunciata che più ha risuonato durante il confronto possa aiutare a configurare un nesso logico all’interno della relazione.
Non è raro che in pazienti psicotici alle immagini e alle conseguenti frasi che scaturiscono da esse si leghi il racconto della propria storia, il ricordo di eventi non per forza allucinati.

Il paziente ha perso solo dei pezzi, ha lanciato i propri ricordi per aria e non sa più raccoglierli ed afferrarli per stabilirne un’esatta cronologia.
Anche la raccolta di una precisa biografia avvia processi decisamente articolati e una raccolta di dati e racconti che non trovano sempre un riscontro oggettivo nei ricordi di chi direttamente o indirettamente ha visto nascere e progredire la malattia, come genitori, psicologi, operatori della salute mentale, ecc.

Lo spazio che si dedica ad un’autobiografia si presta ad una molteplicità di tensioni, fra ricerca della verità e trasformazione causata dalle operazione di riscrittura della memoria. Si può incedere nella falsa convinzione di dire il vero, anche rispetto a contenuti narrativi evidentemente alterati.
Come i bastoncini dello shangai, il paziente deve riuscirne ad afferrare i ricordi uno ad uno con cautela senza far muovere un altro che ne è attaccato, affinché non si scatenino sentimenti di rabbia che lo accompagnino a perdere la partita con la propria memoria.
In una psicosi la catena dei ricordi è difficile da descrivere, non è facile raccogliere una biografia lineare se non attraverso sforzi enormi da parte del terapeuta.

[…continua nel numero di dicembre 2020]